56. Preghiamo con il Servo di Dio
Padre Alberto Beretta
1. Dagli scritti di Padre Alberto [Avvento, 3] |
Si avvicina il Natale
Il tempo passa e il Natale si avvicina. Ma la Chiesa vive, pregusta, gioisce la felicità del S. Natale, tanto che apre la S. Messa facendo come una eco della gioia che porterà il Bambino Celeste: “O popoli, ecco che il Signore viene a salvare le nazioni. Egli farà intendere l’efficacia della sua voce per rallegrare il vostro cuore”. Il S. Natale dunque si preannuncia con la gioia, e la gioia deve essere il suo dono principale.
Ma la nota di gaudio che risuona d’improvviso di arresta. Pare che la Chiesa tema di avere un poco precipitato. Sta bene che il S. Natale deve essere una solennità di gioia, gioia che a nessuno deve mancare, ma a questa gioia dobbiamo prepararci; occorre cioè che il nostro cuore e l’anima nostra siano degne di questo dono divino, di questo gaudio singolare. Ed ecco la preghiera che la Chiesa rivolge a Dio: “Scuoti, o Signore, i nostri cuori; affinché si preparino ad accogliere il tuo figlio unigenito e siano così purificati dalla sua venuta. Le gioie natalizie inonderanno i nostri cuori a condizione però che siano liberi dalla colpa”.
Come dev’essere adunque la nostra preparazione?
Il dono che il Celeste Bambino viene a portarci non è un dono comune, non è una gioia che oggi splende sul nostro volto, e domani si muta in una cupa tristezza. E’ un dono soprannaturale, una gioia che deve permeare tutto il nostro essere e perdurare inalterato. Occorre perciò una preparazione straordinaria. E il brano evangelico ci dice appunto come dobbiamo prepararci al S. Natale.
Due figure balzano gigantesche dalla pagina evangelica, quella del Cristo e quella del suo precursore Giovanni Battista. Gesù inizia ora la sua opera di redenzione, mentre Giovanni ha già degnamente assolto il compito affidatogli da Dio, e sta spegnendosi in un tramonto di gloria testimoniando e confermando la sua fede e il suo amore al Cristo con il sacrificio cruento della propria vita. Il Battista si trovava infatti incatenato nella tetra fortezza di Macheronte, richiusovi da Erode, contro la cui disonesta condotta Giovanni aveva scagliato i più disonorevoli rimproveri. Erode temeva Giovanni perché era stimato, amato dal popolo, e per questo non ardiva incrudelire di più.
Ebbene, mentre era tenuto rinchiuso in quella prigione Giovanni inviò due discepoli da Gesù per chiedergli chi egli fosse. Non che Giovanni ignorasse Gesù, ma per convincere i suoi discepoli, come l’aspettato Messia fosse Gesù. I discepoli si presentano infatti a Gesù, chiedendo: “Sei tu che hai da venire o dobbiamo attenderne un altro?”. Per prima risposta Gesù con la massima disinvoltura, opera alla presenza dei due discepoli i più svariati miracoli, quindi dice loro: “Andate e riferite a Giovanni quanto avete udito e visto: i ciechi vedono, gli zoppi camminano, gli ammalati sono risanati e i morti risuscitano. E beato chi non si sarà scandalizzato di me”. E partiti i discepoli ecco che dalle labbra divine di Gesù erompe solenne un elogio del grande precursore, elogio che durerà eterno come sono eterne le parole che l’hanno pronunciato. Gesù sa di trovarsi di fronte a gente che conosce, che profondamente ammira e ama Giovanni Battista.
Ha osservato la sua vita austera e penitente, ha udito la sua dottrina ispirata e se Giovanni non avesse più volte replicato non essere lui il promesso redentore, le turbe non avrebbero esitato a salutarlo come il Salvatore atteso. Egli era solo la voce che annunziava prossimo il Messia, esortando a tenersi pronti per degnamente accoglierlo.
Ed ecco Gesù, prima che il suo Profeta abbia a tramontare tesse a sua lode un magnifico panegirico: “Chi siete accorsi a vedere nel deserto? Dice egli di Giovanni alle turbe. Forse una canna sbattuta dal vento? No certo. Chi siete andati a vedere? Forse un uomo effeminato, vestito di morbide vesti circondato da delicatezze. No, certo, chi dunque siete andati a vedere? Forse un profeta? Sì, io vi dico è ancor più di un profeta. Egli è colui che venne profetizzato come messaggero inviato ad annunciare l’imminente venuta del messia”. Giovanni Battista poteva placidamente e serenamente chiudere i giorni della sua esistenza terrena. Gesù stesso testimoniava della sua vita santa, testimoniava della corona della vera eterna gloria che stava per ricevere.
Giovanni Battista conforme la dottrina predicata, era appena l’esemplare perfetto per poter degnamente accogliere il Salvatore. E la Chiesa, presentandolo oggi alla nostra considerazione, intende proporlo come modello che dobbiamo riprodurre se vogliamo essere fatti degni di accogliere nel nostro cuore il Divino Redentore, se vogliamo celebrare nella vera gioia le prossime feste natalizie. Noi dobbiamo attendere dal celeste bambino la grazia di essere confermati nel suo amore: il dono di una vita veramente e perfettamente cristiana. Una gioia santa deve permeare e riempire l’anima nostra per poter poi espandersi serena anche nella vita esterna. Ma per raggiungere questa gioia occorre che ci andiamo a predisporre; occorre che anche di noi Gesù abbia a tessere l’elogio che fece per S. Giovanni Battista.
Osserviamolo un poco il precursore. Di lui Gesù disse che non fu come una canna sbattuta dal vento. Egli seppe tener fede a Dio, predicando loro riforme dei costumi, esortando alla penitenza. Si mostrò egli per primo di vita austera, santa, né risparmiando severe ammonizioni a nessuno, neppure allo stesso re Erode del quale non temé né carcere né martirio. Per questo si meritò l’encomio di Gesù medesimo.
Sia anche per noi modello nella nostra vita, sia di esempio nell’osservanza fedele, integra dei nostri doveri cristiani, non lasciandoci dominare da vigliacca vergogna e da un meschino rispetto umano. Meriteremo anche noi l’amore e l’elogio di Gesù, elogio che conta infinitamente più di tutti i discorsi spesso falsi e insinceri del mondo. Sarà questa la migliore preparazione al S. Natale.
Gesù disse ancora di Giovanni che non fu di un uomo di vita effeminata, vestito mollemente, circondato di comodità. Forse la maggior parte di noi difficilmente potrebbe muoversi un rimprovero perché conduce vita propriamente delicata, accontentati in tutto. Ma il nostro errore è di non saper valorizzare la sofferenza. Tuttavia non pensiamo di prepararci spiritualmente bene al S. Natale soddisfando a tutti i nostri capricci, lamentandoci di ogni incomodo, di ogni puntura di freddo. Osserviamo il Dio incarnato e la nostra più grande gioia sia di potergli assomigliare un poco. No, non occorrono grandi penitenze né mortificazioni, ma sia la nostra quotidiana tribolazione, siano i disagi che non possono mancare nella vita di nessuno, una corona di fiori profumati che il giorno di Natale deporremo felici accanto alla povera mangiatoia dove il Re dell’Universo giace bisognoso di tutto, anche del respiro caldo degli animali. E allora la nostra più bella preghiera sia il poter dire al celeste bambino:
O Signore, venendo ad abitare fra noi poveri uomini, hai voluto nascere più poveramente di tutti; per venire a redimere noi creature tue schiave del peccato, hai voluto soffrire fin dal primo istante della tua vita terrena; per dimostrarci il tuo amore sei nato in una rigida notte privo di tutto, affinché fossimo noi a riscaldarti con l’affetto del nostro cuore. Ebbene, sia la nostra anima investita di virtù e di grazia la tua è la nostra più cara ricchezza; sia il nostro cuore purificato dalla colpa, una culla degna di te, sia il grande e sincero amore ciò che ti conforti e ti riscaldi in mezzo alla gelida indifferenza di tante tue creature, di tanti tuoi cristiani.
2. Invocazione di Padre Alberto alla Vergine Maria |
Mia buona Madre del Cielo,
che avesti il coraggio di accompagnare Gesù fino al Calvario
e assistere alla sua agonia
mentre gli Apostoli e gli amici di Gesù erano fuggiti;
Tu che hai molto sofferto, insieme con Gesù, per salvare la mia anima, insegnami ad amare Gesù,
non con le parole, ma con le opere,
facendo sempre la volontà di Dio.
Ave, o Maria…
Come possibile non amare una Madre cos buona,
che ha molto sofferto per me?
3. Chiediamo l’intercessione di Padre Alberto |
O Dio, che in Cristo Gesù hai rivelato il tuo volto di Padre
che si china e si prende cura dei poveri,
dei sofferenti, dei malati e dei piccoli,
accogli la lode e il ringraziamento
per averci donato in Padre Alberto Beretta
un tuo strumento di amore e di compassione.
Accogli oggi la nostra supplica e per sua intercessione
concedici la grazia di cui abbiamo tanto bisogno.
Possiamo anche noi sperimentare il tuo amore di Padre
e così, nella gioia dello Spirito Santo,
rendere la nostra vita un inno di lode alla Santissima Trinit
e diventare segni del tuo amore verso i nostri fratelli bisognosi.
Gloria al Padre…
Vice postulazione – Bergamo – 13 dicembre 2018